lunedì 8 dicembre 2008

[fantascienza] I contemporanei: Coney Island della mente (A Coney Island of the mind - 1993) di Maureen F. McHugh (1959- )

Negli Stati Uniti, dove è nata e vive, Maureen McHugh è considerata tra le principali scrittrici contemporanee di fantascienza, in Italia di suo è arrivato pochissimo. "A Coney Island of the mind" è un breve racconto, che ben rappresenta la fantascienza dei nostri giorni: si potrebbe definirlo cyberpunk - e in superficie lo è - se non fosse che in realtà ciò di cui parla è l'amore. Definirlo un racconto d'amore è in parte inesatto - non è precisamente un racconto d'amore ;-) - ma cercherò di spiegarmi con maggiore accuratezza tra poco. Per ora diciamo d'amore, ai tempi futuri (ormai presenti?) della realtà virtuale. L'amore ai tempi del cyberpunk, o l'amore cyberpunk tout court: l'ambientazione è quella, almeno. Si tratta di ambientazione, atmosfera, sfondo: la McHugh è poco interessata alle trasformazioni che la tecnologia potrebbe provocare nell'uomo, e focalizza la sua attenzione sui punti fissi dell'agire umano - nonostante i mutamenti tecnologici. Non l'uomo cablato o l'ibrido uomo-robot di molta sf recente, ma un uomo simile a noi alle prese con i nuovi mezzi tecnologici a sua disposizione. Da una parte è una scelta che appare meno coraggiosa, d'altro canto permette di rapportarsi in modo più immediato alla nostra realtà e di proporre uno sguardo più "panoramico" sull'umanità. Da prima dell'uomo il pavone fa la ruota per attirare la compagna: si maschera. E gli esseri umani tengono lo stesso comportamento: si mascherano, travisano la propria identità. Per presentarsi al meglio, per presentare all'altro o all'altra ciò che egli o ella cerca. Per il puro gusto dell'inganno. Lo scopo è far nascere l'amore nell'altro o nell'altra, o con rapidità e semplicità ottenere sesso. Ecco, questa è la storia da una parte di un predatore in maschera che cerca sesso, e dall'altra di una preda in maschera che per un momento spera - crede - di aver trovato l'amore. L'identità mascherata è ovviamente un tema letterario potente che si presta come pochi altri a sondare la psicologia umana; sulla breve lunghezza di questo racconto non vi è spazio sufficiente per un'analisi profonda, e tuttavia la McHugh è abile nel buttare lì con sbadatezza sardonica un paio di osservazioni centrate sulla natura umana. Sul bisogno di mascherarsi che è nella natura umana, pulsione propria prima ancora che finalizzata ad altro; sulla necessaria complicità dell'ingannato a farsi ingannare dall'ingannatore; sull'effetto consolatorio e ludico della menzogna. "A Coney Island of the mind" non raggiunge, nel campo della sf, la complessità immaginativa e l'analiticità sociale e psicologica de "Il Faleno Lunare", uno dei più bei racconti del decano della fantascienza Jack Vance, tuttavia instrada bene il lettore sui binari di una riflessione che parte dal futuro prossimo per mostrargli una delle più tipiche coazioni a ripetere della nostra specie. Chi siano nella realtà reale Cobalto e Lamia, i protagonisti della storia, Maureen McHugh non lo dice in modo esplicito, ma lascia che le azioni nella realtà virtuale parlino per loro. L'alternarsi dell'eleganza della prosa nelle parti descrittive e "romantiche" con uno stile colloquiale e in slang nel dialogato è di particolare efficacia in questa azione rivelatoria per accenni. Certo a Cobalto avrebbe giovato qualche incursione in meno nelle sue geografie mitiche moderne - Coney Island oltre che il luogo virtuale dell'azione è qui il simbolo della possibilità infinita, della libertà della vita romanticamente intesa, come chiarisce il richiamo esplicito a "I guerrieri della notte" di Walter Hill (a parte Ferlinghetti, cui si richiama ancor più esplicitamente l'autrice con il titolo, inneggiando alla gioia nella via) - e qualche lettura in più sui miti dell'antichità classica: avrebbe ricordato che le Lamie sono dei predatori sotto false spoglie, dei vampiri ante-litteram. Peraltro, chiunque fosse, Lamia si rivela un predatore abbastanza innocuo che si limita a rubacchiare all'ingenuotto che si finge figaccione un po' di sesso veloce. Pubblicato in origine sulla Isaac Asimov's Science Fiction Magazine, la rivista cartacea più influente degli ultimi trent'anni in USA è un racconto tipico dello stile che è venuto affermandosi sulla rivista, che ha ospitato e ospita le tendenze più moderne e letterariamente ambiziose della sf, e che ha contribuito a imporle.

In Italia è apparso nel 1995 sulle pagine del n.9 della terza incarnazione dell'edizione italiana della Asimov's, quella targata Telemaco/Phenix di Daniele Brolli: una delle tante sue iniziative editoriali malamente finite, probabilmente la migliore e che avrebbe senza dubbio meritato migliore fortuna.



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