martedì 3 febbraio 2009

[fantascienza] Il classico - Bassifondi (In den slums - 1970) di Herbert W. Franke (1927- )

Austriaco, Herbert Franke è probabilmente il maggior scrittore di fantascienza in lingua tedesca, nonostante il successo in anni recenti di Andreas Eschbach.

Autore dal solidissimo background scientifico, con studi in diverse discipline, e principalmente in campo cibernetico, come scrittore è interessato principalmente allo sviluppo di tematiche sociologiche, e in particolare ai riflessi che le innovazioni tecnologiche e la ricerca scientifica comportano sulla società e gli individui. Della sua corposa produzione, in Italia sono giunti una manciata di racconti e, in anni lontani, tre dei romanzi: gli eccellenti Psicorete, Le bare di cristallo, pubblicati su Galassia, e Zona Zero, pubblicato dalla Nord.

Bassifondi è un racconto di poche pagine, indicativo delle tematiche di maggior rilievo della sua narrativa. In Italia è stato pubblicato in anni non troppo lontani nel volume dei Classici Urania Buonanotte, Sofia che presentava la traduzione della storica, imperdibile antologia curata nel 1973 da Franz Rottensteiner della migliore fantascienza europea (View from another shore), così rititolato in italiano per omaggiare il racconto di Aldani contenutovi.

In un futuro che assumiamo remoto e sconosciuto, Franke rovescia parzialmente la situazione de La macchina del tempo di Wells; a causa di una serie di variazioni riscontrate nella composizione dell'aria, una spedizione sulla superficie terrestre è inviata dalla civilità umana rifugiatasi ormai da tempo (secoli? millenni?) nelle profondità marine: un'umanità profuga negli abissi per sfuggire all'inquinamento, allo sfruttamento delle risorse e al disastro ambientale che stavano portando alla catastrofe il pianeta; una civiltà di uomini impauriti, rinchiusi in asettiche, sterilizzate cupole sottomarine; gelosi della sicurezza di quell'acqueo grembo materno vivono ripiegati su sé. In superficie scopriranno, con loro grande sorpresa, che anche lì è sopravvissuto l'Uomo: esseri umani sporchi e laceri, malati, brutali e aggressivi. Regrediti. Eloi brutti e lerci; Morlok schizzinosi.

Per i sottomarini si apre la prospettiva di un confronto con i reietti della superficie; di cosa fare dei reietti. Si mette in moto così una procedura burocratica, strumento principe del rimandare, del distinguere, del cavillare. L'Uomo appare diviso come sempre: incapace di accettare completamente l'Altro; incapace di farne completamente a meno. Sempre e comunque incapace di agire con lungimiranza, con progettualità che vada oltre l'interesse - immediato - della tribù. In un finale improvviso, e amaro - amarissimo - Franke approfondisce il suo pessimismo sull'incapacità della razza umana di apprendere dai propri errori, di evolversi e migliorarsi sotto il profilo sociale, a onta di quella che possa essere l'evoluzione tecnica.

Nello spazio di un breve racconto Franke è in grado di innescare riflessioni che ci appaiono di attualità impellente, e di validità generale: sulle dinamiche interumane, sullo sfasamento tra sviluppo scientifico e tecnologico e progresso sociale che ha segnato in profondità gli ultimi due secoli e mezzo della nostra storia - nostra europea e americana, principalmente - sull'abilità dell'Uomo di autoingannarsi e convincersi di essere ciò che non è.

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