giovedì 27 agosto 2009

[fantascienza] I contemporanei - Risen!/Risen. Lo sterminio dei mondi (The Risen Empire/The Killing of Worlds - 2003) di Scott Westerfeld (1963- )


Cara, vecchia space-opera. Ma assai moderna. Benché edito in due volumi su Urania nel 2007, come già si era fatto negli USA quattro anni prima, si tratta di un romanzo unico, non di una serie. Romanzo originariamente pensato per essere pubblicato in un solo volume, come ogni altro romanzo ammodo; poi forse per ruspare qualcosa in più venne spezzato in due. I sudditi di Sua Maestà Britannica hanno però avuto modo di leggerlo come libro unico; misteri delle varie editorie.

Cara, vecchia space-opera. Ma, come dicevo, debitamente modernizzata. Da uno scrittore che certo non sarà venuto a miracol mostrare, e però si dimostra un fior di professionista, padrone accorto dei ferri del suo mestiere.

Della space-opera classica abbiamo i maestosi scenari galattici; le grandi astronavi irte di armi possenti; gli arditi capitani; gli imperi carichi di età e corruzioni; le società umane più esotiche e bizzarre; le sconfinate masse umane anonime sullo sfondo; la tecnologia (alcune tecnologie) così avanzata da essere, clarkeanamente, magia. E poi intrighi che attraversano le epoche e i millenni, misteri delle stanze del potere, eroismi, battaglie degne di Omero ed emozioni palpitanti. O almeno emozioni abbondanti: e dall'avventura, di fantascienza o meno che sia, questo si esige.

Questo per la classicità. Westerfeld è però autore di questi nostri giorni, e pur non mancando nessuno degli elementi di cui sopra, e tutti spogliati della loro ingenuità in eccesso senza perdere la fascinazione del sense of wonder, egli ben si inserisce nei modi e linguaggi della space-opera contemporanea, dove il realismo (ebbene sì) si innesta nel fascino puro dell'avventura. Il chiacchiericcio scientifico è allora accuratissimo, dettagliato e perfino pignolo. Isaac Asimov, cui qualcosa il romanzo deve negli scenari, lo avrebbe letto con il piacere dello scienziato prima che del lettore di sf. La scelta di Westerfeld di non negare Einstein e prendere la scorciatoia dei viaggi a migliaia di parsec fatti in poche ore dà un sapore di concretezza a quegli scenari grandiosi, e senza che la limitazione diminuisca in qualche modo lo "stupore" del lettore. Anzi: forse gli effetti relativistici lo accrescono.


Per decreto imperiale la velocità della luce resta quella stabilita dalla natura
. Così esordisce Westerfeld, evidenziando da subito il delirio di onnipotenza del suo Risen, l'imperatore immortale. Evocando poteri sovrumani e inumani, slegati dalla realtà sensibile di noi esseri viventi. Poi però entrando nelle pagine del romanzo si scopre una realtà più complessa, più prosaica. Anche più interessante. Il Risen è molto, molto potente; ma non onnipotente. Al suo potere se ne contrappongono altri, con deferenza ma con estrema fermezza: un senato legittimo e tutelato che non recede di un millimetro dai propri diritti. E il potere dell'informazione diffusa - inequivocabilmente della stessa nostra "Rete" - si rivelerà in tutta la sua forza. Il Risen è senza dubbio sovrumano e inumano - è immortale! Ma è anche irrimediabilmente umano: un politico astuto che traffica, che complotta, che ordisce meschinamente dietro le quinte per proteggere i suoi segretucci, i suoi inconfessabili peccati. E può pagarne lo scotto. Poiché il potere logora chi ce l'ha, la poderosa maestà incarnata dal Risen nasconde l'avanzato stato di declino del suo più che millenario regno, l'Impero degli Ottanta Mondi. Premuti da ogni lato da altre società della Diaspora Umana, più dinamiche e aggressive (non necessariamente migliori: le bellicose e monogenere Rix, che hanno eretto un culto alle Intelligenze Artificiali, appaiono altrettanto inumane. E altrettanto umane nelle loro bizzarria e follia).



Certo, in tutto questo, ben narrato, e ben concepito soprattutto, Westerfeld non si rivela fine cesellatore di caratteri. Neppure i personaggi principali si impongono per profondità: il capitano d'astronave Laurent Zai, eroe di guerra; la sua innamorata, la senatrice Nora Oxham, portavoce dell'opposizione al Risen; la commando Rix chiamata h_rd; Rana Harter, l'ostaggio di cui la Rix finisce per innamorarsi, ricambiata. L'intento di Westerfeld di mostrare una crescita umana ed emotiva di questi personaggi è evidente, ma l'autore non sa andare oltre una rappresentazione accademica dei sentimenti, tutta di superficie e parole, con una sovrabbondanza di melodramma e una penuria di autenticità. Ciascuno di loro, come alcuni degli altri personaggi, è rappresentante di un punto di vista (anche evolutivo) rispetto alla situazione dell'Impero e dell'Umanità; ma la pluralità delle loro voci troppo spesso si riduce a una pluralità di schematismi. Così come i pur buoni ma brevi squarci di riflessione e approfondimento sociale non cancellano l'impressione di sostanziale anonimità dell'universo umano del romanzo al di fuori dei suoi personaggi. La prolificità fa pubblicare in abbondanza, ma evidentemente costringe a scrivere con la macchinalità dei tempi ristretti. Zai, Nora e gli altri acquistano rilievo unicamente come maschere, pedine di un gioco ammaliante. Adatte alla parte loro assegnata.

Inutile comunque focalizzarsi su difetti che non inficiano la godibilità complessiva di Risen. Non un capolavoro, ma un romanzo appassionante e stimolante, il cui finale quasi aperto (nel senso che Westerfeld non conclude completamente la storia, forse in previsione di una continuazione che a tutt'oggi non mi risulta esserci stata) lascia al lettore di immaginarsi quale sia la strada che imboccherà l'Impero del Risen per porre fine al potere del suo Imperatore. Pura avventura, per larga parte pura avventura di guerra tout court oltre che indiscutibilmente di fantascienza. Ma fossero sempre così i romanzi di guerra e di fantascienza di puro consumo. Westerfeld sa avvincere il lettore per seicento pagine, senza veri e propri cali di tensione, e senza prenderlo mai in giro. Lettura da ombrellone, ma sostituirla al solito giallo dozzinale, all'inevitabile noir in escalation di macelleria o all'ultimo best-seller fotocopiato dai precedenti trecentoquarantotto vorrebbe dire volersi, finalmente, del bene.

4 commenti:

MCP ha detto...

Westerfeld, Westerfeld... moi pareva di averlo gia' sentito....

Ah ecco dove: la sua produzione uranica non si trova, in compenso abbondano le saghe di teen vampiri. Mi sa che si e' convertito al genere... ;-/

Vincenzo Oliva ha detto...

Per ora Scott è più servitore di due padroni che convertito al culto delle bestiacce. Solo che in Italia le bestiacce vanno forte assai, e così...

V.

MCP ha detto...

Ma, leggo su Wiki, anche le serie non strettamente vampiriche sono comunque "for young adults" - il che non e' necessariamente un male, pure Tartacolomba ne scrive, ma segno comunque dello spostamento esclusivo verso la fascia piu' redditizia (anche in termini di diritti cinematografici).

Avendo di recente surfato altri siti di scrittori americani "ex" SF, mi sa che e' un destino non cosi' raro. Altro materiale per discussioni sulla crisi della SF ;-)

Quantomeno, la prossima trilogia sara' ucronica (Prima Guerra Mondiale).

Vincenzo Oliva ha detto...

Alcuni scrittori sono semplicemente multiformi. Certo, il mercato della lettura per ragazzi è ben diverso oggi rispetto a cinquant'anni fa, ma anche Heinlein scrisse romanzi per adolescenti: Starship troopers nacque per il mercato dei juveniles. Gli scrittori di fantascienza vi sono "naturalmente portati", IMO. Se poi ci si fanno anche un po' più di dindi...

Comunque se Westerfeld dirazza, ad esempio non mi risulta che lo faccia Reynolds. E tutto sommato il primo dirazzatore forse è stato proprio quel Bradbury di cui ho appena postato la rece di un racconto.

V.