domenica 18 ottobre 2009

[fantascienza] Il classico – La professoressa marziana (And madly teach - 1966) di Lloyd Biggle, Jr. (1923-2002)

La scuola e l’insegnamento non sono materie trattate di frequente dalla fantascienza. E’ singolare, perché se vi sono un luogo e un campo nei quali programmiamo il nostro futuro, è proprio lì dove e in qual modo avviene la trasmissione ai nostri figli del legato delle innumerevoli generazioni umane che li hanno preceduti.


Una piacevole incursione nei poco praticati argomenti fu l’antologia Il compito di latino assemblata da Vincenzo Campo e pubblicata nel 1999 da Sellerio (bei tempi quando la Sellerio pubblicò sf; questa piccola antologia è di qualche anno successiva alla chiusura dell’ottima e di troppo breve durata collana che l’editrice siciliana dedicò alla fantascienza). Frammisti a racconti di fantascienza, tra i quali spicca Associazione genitori e insegnanti, uno dei più noti di quell’autore geniale e bizzarro che fu Raphael A. Lafferty (indicato nel libro, ahinoi, come Robert), vi sono diversioni sul tema anche nell’horror e nel fantastico puro, come il gioiellino eponimo opera del talento di Montague Rhodes James. Tra quelli di fantascienza vera e propria, vi è la novelletta di Lloyd Biggle, il testo più lungo della raccolta.


Pubblicato in Italia con relativa frequenza sin quasi dal suo esordio letterario, Lloyd Biggle, Jr. è stato senza dubbio un autore minore, ma non immeritevole. Nella Encyclopedia of Science Fiction John Clute, che ben di rado è tenero e accomodante nei giudizi, scrive non a caso che le sue storie sono spesso “competent but undemanding” e “often convey the sense of an unrealized greater potential”: perfettamente centrato. I suoi limiti sono stati dovuti probabilmente anche a una prolificità eccessiva, che fatalmente scontava con una mancanza di profondità e una qual anonimità di ispirazione. A volte però si è innalzato un pelino oltre quel livello di competenza e leggerezza di cui scrive Clute. E’ il caso di questo racconto lungo.


Mildred Boltz è vissuta su Marte per un quarto di secolo, e lì ha insegnato inglese e materie umanistiche, alla vecchia maniera, in classe, amando i suoi ragazzi e confrontandosi quotidianamente con l’arduo compito di insegnare loro. Magari, di insegnare a imparare e ad amare lo sconfinato frutto della creatività umana, prima e più che di insegnare nozioni. Poi le sue condizioni di salute si sono deteriorate troppo per un aspro mondo di frontiera quale il Pianeta Rosso, e Mildred deve tornare sulla Terra, per essere reintegrata nel corpo insegnante del pianeta madre. E sulla Terra le cose sono cambiate assai. Non si fa più lezione in classe, ma in tv, a decine di migliaia di allievi contemporaneamente che seguono il professore comodamente da casa; il sistema educativo è ferocemente “meritocratico”, e la valutazione degli insegnanti è fatta in base a una sorta di indice Auditel delle loro lezioni… Ora immaginate, Mildred è della vecchia scuola, ma non è un dinosauro: è un’insegnante competente e innamorata della sua professione, e desiderosa di trasmettere a degli studenti quel che sa di poter trasmettere; e non ha nessuna intenzione di farsi mettere da parte come un fossile dei tempi andati. Il suo capo non può disfarsi di lei perché il suo contratto è, per così dire, a tempo indeterminato, diversamente dai suoi giovani colleghi, precari appesi al filo delle loro prestazioni e tutti tesi a trovare al più presto un lavoro fisso. Anche Mildred può essere però cacciata se scende al di sotto di un certo livello di rendimento secondo i risultati del Trendex (l’auditel di cui sopra); e dovrà lottare contro questa minaccia.


Le vicissitudini di Mildred che scaturiscono da questa situazione di partenza non sono di soverchia importanza, neppure quelle che la portano a ricreare una sorta di classe vecchio stile e lasciano intravedere una futura inversione di rotta nella politica educativa; né lo è la delicatissima storia d’amore tra l’attempata protagonista e l’altrettanto attempato Jim Pargrin, tecnico dei rilevamenti del Trendex e cavaliere in armatura scintillante al soccorso di Mildred in pericolo. Qui senza dubbio Biggle fa uso di quel mestiere abile ma scarsamente impegnativo e lascia intravedere un potenziale che non sa esprimere con compiutezza, o per il quale semplicemente non si concede il tempo necessario a una più complessa elaborazione. I personaggi non oltrepassano la dimensione di bozzetti amorevolmente torniti e privi di un carattere deciso e completo delle necessarie sfumature e approfondimenti; la scrittura è essenziale e senza fronzoli.


Più interessante è il cuore tematico della novelletta. La tv non rappresenta oggi una nuova tecnologia (anzi…); e neppure al tempo in cui Biggle scrisse La professoressa marziana poteva dirsi molto recente. Tuttavia ciò che rileva è il nucleo speculativo: quali novità, quali effetti, quali eventuali vantaggi e quali eventuali distorsioni può comportare una nuova tecnologia, nuovi media, sui metodi educativi e sulla scuola? Quale impatto hanno su di essa e sui sistemi di insegnamento le evoluzioni dell’organizzazione socioeconomica? Oggi può essere internet, nel 1966 Biggle pensava alla tv (e domani chissà); ma cambia poco: la sostanza della riflessione è che le novità della tecnologia e delle comunicazioni sono in grado di stravolgere ogni aspetto della nostra società, a partire da quello attraverso il quale programmiamo il futuro - i classici hanno questo, che non invecchiano all’invecchiare degli spunti narrativi contingenti da cui prendono le mosse. La scuola a mezzo tv ha anche spezzato in due la società, perché chi è veramente ricco può permettersi di mandare i propri figli nelle scuole private dove l’insegnamento è impartito in modo più tradizionale, e dove si forma e si perpetua l’èlite al potere. Una situazione che appare oggi molto meno fantascientifica…


Biggle sembra risolvere il tutto con un classico inno ai bei tempi andati, ma a una lettura attenta non è proprio così. O non completamente così. Seppure solo per sommi cenni, lascia intendere che possono esservi anche aspetti positivi nella Nuova Scuola. Il racconto non si conclude con una restaurazione, ma con una raggiunta consapevolezza da parte dei responsabili della politica educativa di un necessario ripensamento delle modalità dell’insegnamento. Non è un male aggiungere ciò che di buono possono apportare le tecnologie più avanzate; non è un bene disfarsi dei risultati storici solo perché passati. E’ sicuramente un’idiozia sprecare il potenziale rappresentato dalle generazioni a venire solo perché ciò si traduce in un risparmio economico immediato.


La professoressa marziana fu pubblicato una prima volta in Italia oltre quarant’anni fa, sul n.493 di Urania, sempre con questo banalissimo titolo, di sicuro preciso e rispondente al vero, ma desolatamente povero delle sottili implicazioni di quello originale. In Italia siamo specialisti nel trovare sempre le peggiori soluzioni di traduzione possibili.

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