lunedì 1 febbraio 2010

Ibridazioni

La fantascienza non è un genere letterario proprio. E' certamente un genere commerciale, con pubblicazioni ad hoc, autori specializzati, lettori esclusivi, un fandom attivo e quant'altro. Se però si tenta di trovarle delle definizioni stringenti e fissarle dei canoni essa sfugge alle facili (e anche alle difficili) catalogazioni. Sicuro, si occupa del futuro; ma mica sempre. Indubbiamente ha a che fare con gli alieni; ma sono stati creati interi universi narrativi senza di essi. La tecnologia e la scienza vi giocano senza meno un ruolo principale; tuttavia sono innumerevoli le opere di fantascienza che non se ne occupano granché o ne fanno completamente a meno. I viaggi nel tempo? I robot? I mutanti? Possono esserci - in tante occasioni ci sono. Ma non sono necessari. Nessun elemento è tale da essere una conditio sine qua non. Alla fine il meglio che si possa dire è che la fantascienza è il terreno del possibile; dell'estrapolabile; dell'immaginabile con una percentuale (assai variabile) di probabilità/possibilità di realizzarsi. Ma è sempre un metterci una pezza.

La realtà è che la fantascienza è per sua natura una narrativa plastica, adattabile. Deformabile. Lo scrittore può usarne per tutti i suoi scopi.

Ed è, proprio per quanto si diceva, una narrativa ibridabile. Con facilità. Lo è sempre stata, da ben prima che Hugo Gernsback (http://en.wikipedia.org/wiki/Hugo_Gernsback) le cucisse addosso un nome le cui misure sono impossibili da trovare.

Ibridazioni e commistioni con la narrativa orrorifica, con quella che oggi chiamiamo fantasy - e in seguito con il giallo e le sue varianti - sono sempre esistite da che Mary Shelley fuse il brivido della paura e dell'orrore con la fascinazione del nuovo scientifico e tecnologico. Semplicemente, il fenomeno avveniva, nel gran calderone della narrativa fantastica: senza che nessuno si stupisse né eccitasse. Oggi troppo spesso si ciancia di commistioni tra la sf e vari generi (principalmente noir e horror) come si trattasse di una grande novità, o comunque di una patente di modernità e superiore sintonia con la temperie della nostra epoca. Una scempiaggine che serve per lo più a nascondere il fatto che si è instaurata una moda commerciale e attraverso tali patenti spesso si spacciano lavori illeggibili. Come tutte le mode commerciali è infatti abbastanza perniciosa. Le nicchie (nel caso della sf sono più che altro nicchie di dimensioni non eccezionali, ma pur sempre interessanti) di tal fatta tendono infatti ad attirare gli scrittori meno dotati: è per la rendita di posizione che esse garantiscono. Ed è così che si hanno fin troppi scadenti horror-sf, noir-sf e compagnia bella. Essendo anche che la moda si impone con la grancassa e lo sviamento pubblicitario, quando oggi si legge in una quarta di copertina che il tal romanzo è una "moderna contaminazione" tra fantascienza e qualcos'altro, purtroppo la sòla è quasi una certezza. Quasi, sia chiaro.

Ma nella sua lunga storia questa narrativa così plasmabile e plasmatrice, così in grado di infiltrarsi nei e lasciarsi permeare dai generi più vari, ha dimostrato che dal connubio con essi lo scrittore di talento è in grado di tirar fuori capolavori indimenticabili. Perché il discrimine non è mai se si scrive fantascienza pura (e che bestia sarebbe, poi...) o noir-sf. Il discrimine è se si sa scrivere o meno. Se si ha o non si ha talento.

La decina di libri che segue, ordinata più o meno cronologicamente, non esaurisce in nessun modo la sterminata messe dei possibili esempi di opere ibride che si potrebbero dare. E' solo un elenco indicativo. E un memento: accostatevi con amore ai figli bastardi della fantascienza. Ma sappiate scegliere chi deve raccontarvene le storie.

Zothique (id. 1932-1948 - 1970) 
di
Clark Ashton Smith (1893-1961)
Zothique è l'ultimo continente della Terra, in un futuro così remoto da noi da aver perduto quasi ogni residuo vestigiale della nostra storia, quasi ogni connotato umano. Magia e demonolatria sono di casa per ogni dove. Di certo è magica la scrittura di Smith, il solo sopravvissuto agli anni '30 della triade dei migliori scrittori della rivista Weird Tales - lui stesso, Lovecraft e Howard - e capace come nessun altro di intessere suggestioni prettamente fantascientifiche in una eccezionale architettura stilistica fantasy. Smith non ha scritto romanzi, Zothique è la sua serie di racconti correlati più corposa.


Northwest Smith il terrestre (Northwest of Earth 1933-1940 - 2007)
di
C.L. (Catherine Lucille) Moore (1911-1987)
La scrittura ricchissima e barocca di C.L. Moore ha inventato negli anni '30 della giovinezza della sf la figura di questo avventuriero degli spazi stellari e planetari, classicissimo furfante con un proprio codice di regole, i cui racconti riuniti in questo volume mescolano alla sf con abilità, a volte davvero magistrale, i più vari generi: fantasy, cappa e spada, horror. Il primo racconto della serie, Shambleau, può apparire datato, ma rappresenta ancora oggi uno splendido viaggio nel racconto orrorifico di mostri dal sapore quasi primordiale, in virtù specialmente della scrittura ridondante ed evocativa dell'autrice.


Il figlio della notte (Darker than you think - 1948)
di
Jack Williamson (1908-2006)
In questo romanzo di oltre sessant'anni fa una delle grandi figure archetipiche della letteratura dell'orrore, il Licantropo, è messo sulla scena e analizzato - quasi al microscopio - di un'implacabile razionalità scientifica. Il mix tra horror e fantascienza è perfetto e ne nasce una delle opere migliori e ancora più fresche di Williamson: le scene in cui la bestia prende coscienza di sé e contatto con la natura sono tra le pagine più belle della sf.


Abissi d'acciaio (The caves of steel - 1953-54)
di
Isaac Asimov (1920-1992)
Nessuno è stato capace di fondere meglio di Asimov la fantascienza più ortodossa con il giallo classico, la detective story. Abissi d'acciaio è il primo nella sequenza dei romanzi dei Robot, qui si incontrano il malinconico poliziotto terrestre Elijah Baley e l'androide impeccabile R.Daneel Olivaw, creato dagli Spaziali, dando vita a una storia dove ci si affaccia su un futuro che in buona parte contrasta con la visione rosea che in genere si ha di Asimov. E' forse il suo romanzo più cupo. In senso positivo.


Io sono leggenda (I am legend - 1954)
di
Richard Matheson (n.1926)
Questa è una delle storie più famose del suo autore, e della fantascienza tutta. L'inesorabile inversione dell'identità del diverso è perfino l'aspetto "filosofico" minore di questo romanzo dove altre due delle figure archetipiche dell'horror, il vampiro e lo zombie, mutano pelle per mostrarci l'orrore della nostra quotidiana umanità. Il futuro di Matheson in cui l'uomo soccombe, lo vede soccombere non di fronte al Male o alla morte, ma alla vita sempre in grado di cambiare e trovare la propria strada per continuare. Tutte le creature viventi hanno un ciclo, destinato a terminare.

La lunga marcia (The long walk - 1979)
di
Stephen King (n.1947)
Stati Uniti, futuro prossimo: sotto il tacco di un tiranno si celebra annualmente il rito della Lunga Marcia. Tra il sacrificio del (di molti) capro espiatorio, l'epifania messianica e il Ver Sacrum (http://en.wikipedia.org/wiki/Ver_sacrum), in un'ambientazione che da corpo alla paranoia fantascientifica degli USA ridotti a dittatura militare, King costruisce un romanzo breve e fulminante, dal ritmo perfetto, dove l'orrore è mostrato con rara efficacia sia nelle sue caratteristiche più materiali che in quelle più ambigue e sottili. La storia dell'insensata gara mortale dove sopravvive il solo che sia in grado di camminare più degli altri non si dimentica. Il Re pubblicò sotto lo pseudonimo di Richard Bachman.


I figli della paura (Children of the night - 1992)
di
Dan Simmons (n.1948)
 
Romania, vampiri. Nulla di più classico, nulla di più horror. Il regime di Ceausescu è caduto da poco, lasciando però in eredità un orrore molto reale, crudo. E privo di appeal narrativo: migliaia di bambini orfani internati. Su questo sfondo Simmons dipana una storia che unisce alla perfezione la tragedia quotidiana di un paese alla deriva, l'horror classico di sette segrete secolari e immortali esseri malvagi e il rigore dell'estrapolazione (fanta)scientifica.


Noir (id. - 1998)
di
K.W. (Kevin Wayne) Jeter (n.1950)
Il titolo non mente. L'autore dello stupefacente Dr.Adder, uno dei romanzi più bizzarri e audaci nella forma e innovativi nei contenuti degli anni '80, con questo suo altro romanzo elabora, attraverso il sapiente uso e montaggio di tutti i cliché della narrativa (e ancor più cinematografia) noir, una dura requisitoria contro le degenerazioni del capitalismo più avanzato. Noir è una antiutopia militante e un thriller fantascientifico estremo, dove la raffinatezza della fantasia (il detective protagonista vede attraverso occhi modificati che gli permettono una visione unicamente in bianco e nero, come in una pellicola della Hollywood dei tempi d'oro) è unita all'acidità di una metafora scoperta (il personaggio del detective si chiama McNihil).


Trilogia di New Crobuzon (2000-2004)
di
China Mièville (n.1972)
Mièville definisce la propria narrativa come weird fiction, in omaggio a quegli scrittori come Howard o Lovecraft (o Smith citato in precedenza) che crearono una fetta non indifferente dell'immaginario moderno sulle pagine di Weird Tales: i poeti del bizzarro. L'amplissima Trilogia di New Crobuzon - iniziata con Perdido Street Station (id.2000), proseguita con La citta delle navi (The scar - 2002) e ultimata con Il treno degli Dei (Iron council - 2004) - non rappresenta solo lo sforzo narrativo fin qui maggiore di Mièville, ma anche un allargamento dei confini del fantasy ben oltre le contaminazioni con la science fiction, l'horror, l'urban fantasy, fino allo steampunk o quant'altro, in una congerie appunto weird. La visione politica dell'autore impregna e informa l'opera, e nel brulicante di vita multiforme mondo di New Crobuzon creato dallo scrittore britannico si riflette il nostro, con le sue tensioni, le lotte, i drammi e le ingiustizie.


Trilogia di Takeshi Kovacs (2002-2005)
di
Richard K. Morgan (n.1965)
Britannico al pari di Mièville, Morgan ha dato vita con la corposa terna di romanzi aventi a protagonista il detective hard-boiled Takeshi Kovacs - Bay City (Altered carbon - 2002); Angeli spezzati (Broken angels - 2003); Il ritorno delle Furie (Woken Furies - 2005) - a una riuscita fusione della sf con altri filoni e generi della narrativa, fantastica e non. In un futuro la cui elaborazione è assai influenzata dalle visioni del cyberpunk (le personalità umane possono essere "registrate" e se ne può fare alla bisogna il download) e dalle fortissime suggestioni che a sua volta questo ha mutuato dal noir, si muove il suo protagonista, dichiaratamente ispirato ai classici dell'hard-boiled. Le ambientazioni di Morgan appartengono alla sf ortodossa (il secondo e terzo romanzo si svolgono in scenari extraterrestri), che egli ibrida abilmente con gli innumerevoli elementi che gli derivano dagli altri generi di cui si è nutrito e che vanno a comporre il mosaico di una narrativa sospesa tra crudezza e ironia.

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