mercoledì 28 aprile 2010

[fantascienza] I contemporanei – La Signora del Freddo (The Mistress of Cold - 1984) di Ian Watson (n.1943)


Torno con vero piacere a Ian Watson dopo aver scritto di The butterflies of memory (http://olivavincenzo.blogspot.com/2009/02/fantascienza-i-contemporanei-le.html). Solo di recente La signora del freddo mi risulta pubblicato per la prima volta in Italia: nell’antologia Pagine dal futuro delle Edizioni della Vigna (mi sono soffermato anche su un altro bel racconto pubblicatovi, Idle roomer, di Mike Resnick e Lezli Robyn: http://olivavincenzo.blogspot.com/2009/12/fantascienza-i-contemporanei-linquilino.html), ma precede il citato racconto di circa vent’anni. E se ne differenzia estesamente. Se The butterflies of memory è scritto in uno stile piano, perfino quotidiano nonostante lo sguardo penetrante su futuri scenari della tecnologia e della comunicazione, The Mistress of Cold - attraverso una scrittura che fonde linguaggio teatrale, analisi psicologica e lapidaria suggestività del racconto di gesta – assume i toni allusivi dell’apologo e l’icasticità seduttiva della parabola.  

Watson elabora un racconto nella sua essenza semplice e chiaro, vergato con raffinatezza letteraria e ricercatezza linguistica pregevoli; ricamando con cura da psicologo i brevi ritratti dei tre protagonisti, La Signora Margueritela Mistress of Cold del titolo -, Il Dottor Sovrenian e Il Generale Harker. I tre personaggi di un dramma – una tragica farsa – che ha per palcoscenico un mondo da Guerra Fredda: un mondo dove la Guerra Fredda è giunta alle sue estreme conseguenze, dando concretezza reale al proprio secondo termine (a Watson deve essere piaciuto molto giocare con il vocabolo ;-)). Lo scrittore britannico ci narra una paranoia che oggi ci pare appartenere al passato; credo che uno sguardo attorno a noi mostri l’eterna, riveniente attualità del racconto.
Il numero 96 di Ambit, la rivista dove apparve originariamente il racconto

Noi e Loro. Bene e Male. Del tutto indiscriminabili perché naturalmente del tutto equivalenti. Le due fazioni hanno distrutto completamente la vita sul pianeta portandone la temperatura in superficie a un decimo dallo zero assoluto. Sopravvive ancora una riserva di calore nel nucleo della Terra, e due sole comunità umane rinchiuse in due Enclave sotterranee rinserrate dal gelo: Noi e Loro. Noi siamo cinquemila uomini e trecento donne: una vera assicurazione sul futuro. Noi siamo i tre protagonisti. La Signora, venerata e indiscussa – perché non discutibile - capo della comunità, controllata come un automa – e totalmente controllata dalla sua ossessione per il controllo totale; il Dottore, un peculiare mad doctor infatuato della donna e della conoscenza; il Generale, degno per ottusità di figurare nel kubrickiano Dottor Stranamore ma tenero, ingenuo come un vero essere umano.  Noi abbiamo una sola Fede: la vittoria a costo della distruzione finale di Loro; e inevitabilmente abbiamo perduto la ragione. O forse abbiamo perduto la ragione, e inevitabilmente la sostituiamo con la nostra sacra missione. Le nostre ossessioni trionfano. Un pulsante premuto e macchine succhiano il residuo calore del nucleo terrestre, lo zero assoluto si approssima, l’Enclave del nemico si spegne. Ma solo Sovrenian sa che il funzionamento del congegno è irreversibile, e la tacca terminale sulla scala di lord Kelvin attende anche Noi.

La Signora del Freddo è proprio questo, in primo luogo: una disamina fredda (absit iniuria verbis!) dei meccanismi psicologici che presiedono alle ossessioni che ci tormentano e muovono come esseri umani, e si traducono nelle catene mentali e sociali nelle quali ci costringiamo. Il credo di Harker è quello dell’ultimo uomo che resta in piedi: se comprende che non vi è possibilità di restare in piedi, va in pezzi. Sovrenian è dominato dalla sua curiosità pura, dall’ansia di penetrare nell’inesplorato: pagherà le conseguenze di un meccanismo non innescato né governato da lui, ma al quale egli ha fornito la possibilità di esistere e funzionare; sarà tuttavia il solo a mantenere (o forse recuperare) la consapevolezza lucida del risultato degli eventi benché esso si traduca in qualcosa di inaspettato per lui. La Signora resta il personaggio più agghiacciante (aridaje!), patetica marionetta umana che perfino nel disperante controfinale del racconto continua a prodursi nell’eterna coazione a ripetere del controllo: quello della sua ossessione su di lei, e quello di lei sull’umana credulità: ciò che più si evidenzia come cosa patetica è la necessità del Potere, per giustificarsi, di continuare a essere officiato. Soprattutto quando esso non ha più alcun significato.
Il volume delle Edizioni della Vigna dove il racconto è stato pubblicato nel 2009

L’amarezza della profezia in forma di parabola è compiuta dall’innesto più propriamente fantascientifico del racconto. Watson si serve di un intarsio di genuino sense of wonder d’altri tempi per fornire alla vicenda un contrappasso severo ma privo di moralismo ipocrita. La Terra, anzi l’universo – l’eredità che spetta a Noi vincitori – non raggiungerà mai lo zero assoluto. Con una sorta di salto quantico (e della suspension of disbelief), la temperatura trapasserà da una scala positiva a una negativa, inerpicandosi verso il Calore Assoluto, il valore raggiunto (in partenza) al Big Bang. La sf ha spesso sentito il fascino e le potenzialità visionarie di eventi paragonabili. Ai primordi erano frequenti le storie che narravano del passaggio dalla nostra dimensione a quella dell’infinitamente piccolo; la storia più nota dell’epoca resta il romanzo The Girl in the Golden Atom (1922) di Ray Cummings, ma ancora negli anni ’50 Richard Matheson scriverà sull’argomento il capolavoro The Incredible Shrinking Man.

Ci vorranno comunque un diecimila anni per arrivare a quel Calore Assoluto. Diecimila anni durante i quali Noi, divenuti immortali in questo nuovo piano di esistenza, sperimenteremo il dolore crescente di questo crescente Calore Negativo. Se non è l’Inferno della mitologia è sicuramente qualcosa che gli somiglia parecchio da vicino. E chissà che non sia per questo che Loro, pur possedendo la tecnologia per compiere l’ultimo passo, non l’hanno compiuto. Ma noi siamo i più furbi, nevvero? 
Watson insieme a Roberto Quaglia (a sinistra nell'immagine) sulla copertina del loro libro

Ian Watson ha aggiunto recentemente un alloro ai successi di una carriera lunga e fruttuosa, ricevendo, a trentadue anni dal suo primo, un BSFA Award (il premio dato dall’associazione britannica della sf) per il racconto The Beloved Time of their lives (http://www.ianwatson.info/The_Beloved_Time_of_their_Lives_free4all.pdf), scritto, come gli altri della raccolta The Beloved of my Beloved e molti altri in precedenza, insieme all’italiano Roberto Quaglia, forse lo scrittore italiano di sf più noto nei paesi di lingua anglosassone, ma praticamente sconosciuto in patria.

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