domenica 12 settembre 2010

I contemporanei – Prete, Fornaio, Bugiardo, Libertino, Maschera Rossa, Maschera Nera, Gentiluomo, Assassino (Sinner, Baker, Fabulist, Priest; Red Mask, Black Mask, Gentleman, Beast - 2009) di Eugie Foster (n.1971)

Il titolo non è dei più maneggevoli, per così dire. Aderisce però come un guanto alla storia e in certo modo spiazza in anticipo il lettore, che spiazzato sarà poi addentrandosi nel racconto e, quando riterrà di averne infine individuato le coordinate narrative, resterà probabilmente spiazzato anche dalla conclusione. Buona dunque la scelta di averne mantenuto il senso in sede di traduzione italiana, apparsa sul fascicolo numero 60 di Robot, ultimo pubblicato al momento in cui scrivo.

Edito in origine su Interzone di gennaio 2009, il racconto ha guadagnato con merito all’autrice il premio Nebula per la migliore novelletta del 2009.

Il tema delle maschere, dell’identità e del mascheramento e confusione dell’identità è ricorrente in fantascienza (e non solo): è senza dubbio un topos che tocca il vivo della nostra sensibilità, che ci costringe a porci domande a cui forse non vogliamo davvero rispondere, né tanto meno che lo faccia qualcun altro per noi. E’ anche argomento che si presta a perfezione per imbastire trame complesse, movimentate, rutilanti; per costruire Avventura con la maiuscola. Non è facile trovare ancora qualcosa da dire in materia, e soprattutto farlo divertendo e affascinando il lettore. E costringendolo a pensare.

Eugie Foster elabora una trama in realtà semplice ed essenziale, ma sfoggia abilità e padronanza del mestiere avvolgendo questo nucleo narrativo in una ragnatela di suggestioni, impressioni, stimoli, sottili suggerimenti psicologici che plasmano nella fantasia del lettore un’architettura complicata ben oltre l’asciuttezza del racconto. Suggestioni e stimoli che sono però tutt’altro che semplici coloriture per allungare o per stupire: rappresentano la materia prima del tono del racconto; ed è il tono a dettare il senso e modulare il ritmo della narrazione.

 La novelletta è ambientata in un futuro imprecisato che immaginiamo assai lontano, ma che potrebbe anche non essere il nostro futuro. I cittadini vivono giorno dopo giorno una vita sempre uguale e sempre diversa. Ogni dì, al mattino, a meno che non giungano ordini precisi da parte della Regina, la scelta della maschera da indossare per la giornata. E’ la sola scelta del cittadino, che in base a essa quel giorno sarà maschio o femmina, sarà un amante, un mercante, un contafrottole o una commessa. Insomma: Prete, Fornaio, Bugiardo, Libertino, Maschera Rossa, Maschera Nera, Gentiluomo, Assassino. La maschera una volta indossata fornisce un’anima e modella volontà e comportamenti. Quel giorno si morirà (e allora si “salta” il resto della giornata), si ucciderà, ci si annoierà o quant’altro. Sempre che, si diceva, attraverso i suoi gendarmi non ci siano disposizioni precise da parte della Regina. Magari una convocazione per servirla - e sì, principalmente il servizio da rendere è di natura sessuale (oppure lavoro coatto). L’incipit della novelletta racconta tutto questo con toni sospesi tra la fiaba orientale e la fantasy per adulti con ambizioni intellettuali, ma ancora una volta è principalmente una mascheratura. La società che esce dal breve schizzo tracciato ricorda con forza quelle degli insetti sociali, siano formiche e api o le più primitive termiti.  Il desiderio sessuale stesso è deterministicamente suscitato (o meglio guidato e incanalato) da una chimica sessuale a base feromonica. Neppure la conclusione della storia chiarirà se questa società è una remota evoluzione della nostra o se Foster ci ha narrato una allegoria da intendere senza tempo; ma non ha importanza: ciò che è davvero fondamentale è l’inquietante riverbero di questo racconto sulla nostra realtà presente, e in realtà su caratteristiche che appaiono immutabili nella storia dell’uomo. L’Inquietante è ciò che caratterizza la fantascienza più di ogni altra cosa. Più del sense of wonder stesso. Di primario rilievo, certo, ma esso è un tratto comune a tutta l’avventura esotica, il racconto di terre lontane e le gesta degli eroi più grandi della vita, seppure la sf ne fa un uso peculiare. La fantascienza per essere tale deve aggiungervi una dimensione destabilizzante, deve porci domande non rassicuranti. E fornire interpretazioni in linea.

Viene da chiedersi se siamo davvero irreggimentati come la società della Regina. Se ogni giorno indossiamo una maschera diversa (o magari sempre uguale) per nascondere la nostra identità, o ancor più per la paura di non averne una. O se invece la maschera che indossiamo non è che il riflesso pavloviano della nostra reazione a bisogni e motivazioni indottici dalla struttura economica della nostra società: l’imperio feromonico degli odori nella società descritta da Foster appare molto esplicito in questo senso. E da questa specifica angolazione il modello consumistico del nostro presente non è diverso dai modelli sociali ed economici del passato che imponevano necessità diverse ma non per questo meno spersonalizzanti e coattive.

Viene da chiedersi se le maschere che indossiamo non servano che a frenare pulsioni che altrimenti sarebbero incontrollabili; e a favore di chi o cosa vada questo raffrenamento.

 L’ignoto protagonista della novelletta verrà tratto fuori dalla routine da Pena, una donna che dopo averlo attentamente studiato lo attirerà in trappola, o più esattamente in una situazione che sembra preludere al classico sviluppo di tante storie basate sulla realtà di società profondamente distopiche e la lotta per rovesciarle. Ma appunto: sembra. Ancora una volta.

E’ il momento in cui il lettore riceverà (poche) risposte in merito alla storia della società descritta e come essa sia sorta.

Pena fa parte con ogni evidenza di un’organizzazione, rigidamente strutturata in cellule tra loro non comunicanti, che punta a restituire ai cittadini la libertà di scegliere la propria identità e in ultima analisi di conoscere sé stessi: i cittadini non hanno nome, perché “E se scopro che il mio dottore e il mio assassino sono la stessa persona?”. Indubbiamente è qualcosa più che increscioso formulare il pensiero che il simpatico medico che cura i nostri figli possa insidiarli. E’ profondamente destabilizzante. Siamo molto fortunati che i nostri nomi non designino altro che un dato anagrafico, se dovessero rivelare la nostra vera identità la nostra società cadrebbe a pezzi. Intendiamoci, non è detto che sarebbe un fatto negativo.  Da qui in avanti la conclusione apparirebbe scontata, soprattutto dopo che Pena cade vittima dei gendarmi della Regina (che in questo caso ammazzano sul serio, non è la “morte” in maschera che i cittadini provano spesso) e nel morire passa la fiaccola della libertà all’ignoto protagonista. Ma cosa si deve intendere per libertà? Cos’è la libertà.

I cuori timidi non vadano oltre, perché da qui in poi scriverò di come si conclude la novelletta.

Rendere a qualcuno la libertà significa rimettersi a lui. Significa lasciare che emerga una personalità repressa. La maschera che noi indossiamo, così come le maschere indossate dai servi della Regina, hanno la funzione di impedire questa manifestazione incondizionata. Gli effetti della libertà sono imprevedibili. Soprattutto senza educazione alla responsabilità (okay, la responsabilità è OVVIAMENTE un’altra maschera). Fatto sta che l’ignoto protagonista torna dalla sua amante (da chi, cioè, prima che Pena lo attirasse in trappola era la sua amante nella finzione di quel giorno) e l’ammazza senza fare troppi complimenti. Forse era lecito attendersi nobili battaglie per restituire la libertà al popolo oppresso, ma temo che sia nel diritto dell’ignoto protagonista affermare che: “Pena mi ha insegnato anche a capire chi sono. Io sono il caos in questa società ordinata, la falla in un piano accuratamente elaborato. Sono la tempesta nel fiume eterno della regina.”. Esteticamente è una conclusione brutale e beffarda, probabilmente fin troppo sincera; ma ci sta tutta. Dietro la maschera c’è l’istinto, la “legge” naturale.

Poi decida ciascuno se si tratta di una conclusione progressista, reazionaria, anticonformista o altro. Entro certi limiti non mi pare una questione fondamentale. Fondamentali mi sembrano gli interrogativi che la storia ci pone.

La novelletta è disponibile in versione podcast (in inglese) a questo indirizzo:


10 commenti:

Muasie ha detto...

Ero pronta a richiamare all'ordine e trovo invece di che incuriosirmi. Bene, molto bene. ;-)

Vincenzo Oliva ha detto...

All'ordine? Ma se è avevo aggiornato ieri! ;-)

V.

muasie ha detto...

Tra l'altro la lettura mi ha fatto tornare in mente un racconto contenuto nell'antologia "Destinazione uomo", "Il pianeta delle maschere" di Tiberio Guerrini. Ricordi? Non ho presente ora i dettagli di quel brevissimo scritto ma la sensazione un pò inquietante che mi lasciò a fine lettura sì. Lo recupero nel pomeriggio. Thanks per l'input. ;-)

Muasie ha detto...

Sì, ieri hai aggiornato, ma la rece l'hai pubblicata oggi, mon ami. Il richiamo, nel caso, ci stava tutto. :-PPP

Vincenzo Oliva ha detto...

Confesso di non ricordare granché, magari in futuro lo rileggo!

V.

Vincenzo Oliva ha detto...

Non si vive di sole recensioni :-P

V.

Muasie ha detto...

Ovvio, ma a me - egoisticamente - ora quelle mancavano. ;-) E il lettore ha sempre ragione :-PPP

Vincenzo Oliva ha detto...

Acc... "il lettore ha sempre ragione": questo è un colpo basso, che lede la libertà creativa del blogger! ;-)

V.

Muasie ha detto...

Uhm... ne dubito forte, trattandosi di questo blogger. :-PP E va benissimo così. ;-)

Vincenzo Oliva ha detto...

Oh be', fin che va bene ;-)

V.